Omessa IVA. Cassazione: la crisi aziendale non esclude la responsabilità penale
- Luca Menicacci
- 29 lug 2015
- Tempo di lettura: 2 min
L'imprenditore che utilizza la scarsa liquidità aziendale per l'acquisto delle materie prime, delle lavorazioni e degli stipendi del personale dipendente necessari per continuare l'attività produttiva, piuttosto che per il pagamento del debito verso l'Erario per IVA, risponde del reato di omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto.
Questo è quanto sancito dalla Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, con sentenza n. 33021 depositata il 28 luglio 2015.
Gli ermellini sono stati chiamati a pronunciarsi sul caso di un imprenditore, che nella qualità di legale rappresentante di società, aveva omesso di versare l'IVA risultante dalla dichiarazione annuale relativa al 2006, pari ad euro 144.092,58 ed in merito alla quale lo stesso era stato condannato dal Tribunare di Camerino, per il reato di cui all'art. 10 ter D.lgs. 74/2000.
L'imputato nel richiedere l'annullamento della sentenza di condanna, ha dedotto la causa di non punibilità di cui all’art. 45 cod. pen., atteso che il fatto omissivo era stato causato da forza maggiore, come comprovato dallo stato di decozione in cui versava la società, determinato dal mancato incasso di notevolissimi crediti dalla stessa vantati nei confronti di una multinazionale propria cliente.
La Corte ha ritenuto punibile l'imprenditore - citando anche precedenti pronunce del giudice di legittimità - in quanto egli "deve fornire la prova della crisi di liquidità della sua azienda, della non imputabilità dello stato di crisi ai suoi comportamenti e che detta situazione di crisi non sarebbe stata altrimenti fronteggiabile tramite il ricorso a comportamenti diversi dal mancato assolvimento dell'onere tributario".
Nel caso di specie, secondo la Corte, è stato, invece, l'imprenditore a causare lo stato di crisi da cui scaturisce l'omesso versamento IVA, "ricorrendo a scelte contestabili, col preferire di utilizzare la liquidità disponibile per procurarsi materie prime, continuare le lavorazioni e pagare i dipendenti, versando i contributi previdenziali e assicurativi: ad avviso del giudice di merito, a giusta ragione, tale condotta, quand'anche provata e giustificata da finalità di impresa, realizza il presupposto dell'inadempimento consapevole all'obbligo di corresponsione in favore dell'Erario, avendo il soggetto il preciso dovere di assicurare la relativa provvista".
Infine, i giudici di leggittimità si soffermano sui mancati pagamenti del cliente, quale asserita causa principale dello stato di crisi, sfociato poi in fallimento, stabilendo che i suddetti motivi non possono essere addotti dall'imputato in quanto "l'inadempimento dei debitori è una eventualità insita nel rischio di impresa, non del tutto imprevedibile" ed, anzi, l'imprenditore non "ha provato l'impossibilità di fare fronte altrimenti alla crisi, gestendo le proprie risorse economiche e patrimoniali, onde consentire l'accantonamento della somma dovuta a titolo d'IVA".

Comments